1. I restauri alla chiesa del 1872

Il portale d'entrata della chiesa di San Giovanni (Foto di Emanuele Catone)
Il portale d’entrata della chiesa di San Giovanni
(Foto di Emanuele Catone)

Tra il 1870 e il 1871 la chiesa di S. Giovanni Gerosolimitano fu colpita da un fulmine, che provocò notevoli danni.

Dal punto di vista strutturale, infatti, fu distrutto il campanile e furono profondamente danneggiate sia la parete orientale che il pavimento della chiesa. Notevoli furono i danni anche dal punto di vista architettonico e artistico: l’altare maggiore subì una serie di danni, il tabernacolo fu distrutto e anche il quadro antico che sovrastava l’altare si rovinò irreparabilmente.

L’amministrazione comunale, guidata da Pasquale Bosco, intervenne con urgenza per assicurare da ulteriore rovina le fabbriche della Chiesa e si attivò presso il Ministero di Grazia e Giustizia per chiedere i finanziamenti necessari ad effettuarne la riparazione. Il 14 giugno 1871, infatti, il Ministero approvò le spese fatte e invitò il prefetto a far esaminare dal Genio Civile lo stato della Chiesa e a far redigere una perizia dei lavori strettamente necessari per rimettere quelle fabbriche in buono stato1. Il sopralluogo a Buccino permise di capire l’entità del danno. La relazione dei tecnici spiegava che:

I danni accennati prodotti dal fulmine sono la caduta di muri di ambito di tre piani della torre del picciolo Campanile e covertura del medesimo, restando nell’attualità la sola altezza del primo di base, con la semplice rivolta del muro sud-est di due piani superiori. Il materiale di caduta à prodotto de’ guasti alla porzione prossima del tetto di covertura della Chiesa, e distrutto l’altro picciolo tetto laterale sul contiguo passaggio alla Sacristia, col degradamento di una porzione della sommità del suo muro di gronda di sostegno. Altro foro si osserva traverso la parete in corrispondenza del quadro sull’Altare Maggiore, prodotto egualmente dal fulmine, riducendo di niun uso ed inutile il quadro in tela con la effigie del Santo titolare della Chiesa, avendo (…) ridotta in frantumi la sottoposta custodia in marmo, colla cassa di rame dorato contenuta nella stessa. Altri guasti si notano pure prodotti sulla mensa, su i gradini, sulla predella ed in generale allo stucco dello Altare Maggiore istesso.

Il Genio Civile il 29 luglio 1871 preparò il progetto dei lavori necessari alla chiesa, che prevedeva una spesa di 2350 lire, in cui oltre a quelli di riparazione dei danni provocati dal fulmine, erano previsti anche alcuni lavori indispensabili a risollevare la chiesa «da quello stato di grettezza ed abbandono» in cui si trovava e che risultava indecente per la sua destinazione sacra. I tecnici evidenziavano infatti che:

La Chiesa (…), oltre ai danni cagionati dal fulmine, si osserva in uno stato inadatto al suo uffizio, pel deperimento delle antiche invetriate nelle finestre, ed in diversi punti degradati i lavori di superficie. Le fabbriche in generale si osservano piuttosto buone, ed in uno stato di soddisfacente solidità. Come altresì sono buone le incavallature del tetto superiore, salvo parziali rimpiazzi [che] occorrono nella creta di covertura.

I lavori di massima urgenza riguardarono il campanile, che fu ricostruito in pietra calcarea locale su tre piani, al posto dei quattro livelli originari, e sormontato da una copertura a cupola. Fu anche riparata la scala di legno per accedervi:

Fabbrica con pietre calcaree locali e malta, per la costruzione di muri di ambito di due piani del campanile anzidetto (…) cui per la economia di spesa e solidità restando (…) a tre piani dall’antico che si formava di quattro.

La caduta delle macerie del campanile aveva prodotto danni alla parte più vicina del tetto della chiesa e distrutto la piccola porzione di tetto che copriva il contiguo passaggio che conduceva alla sacrestia. Fu necessario ricostruire una parte delle strutture e rimpiazzare gran parte degli embrici. Fu anche ricostruito il muro divisorio con la proprietà limitrofa di Evangelista Chiariello che era stato distrutto dal crollo.

Furono necessari anche una serie di rifacimenti all’interno della Chiesa in cui il fulmine aveva provocato fori nella muratura e danni all’intonaco in diversi punti. Furono sostituiti i telai e le lastre dei finestroni della chiesa e delle quattro finestre della sacrestia e le pareti della chiesa furono imbiancate con latte di calce. Si eseguirono anche una serie di rattoppi alla tela del soffitto, anch’essa rovinata in diversi punti, rifacendosi pure la cornice a chiaroscuro.

Circa i danni prodotti all’altare maggiore, fu ridotto in frantumi la custodia in marmo del tabernacolo, colla cassa di rame dorato contenuta nella stessa; altri danni riguardarono la mensa, i gradini, la predella e lo stucco dell’altare. I rattoppi allo stucco furono fatti dipingendoli tutti color marmo di vari colori; la mensa fu fatta nuova di pietra calcare lavorata a martellina fina insieme ai suoi pilastri di sostegno anch’essi rifatti in pietra calcare, similmente lavorati con scanallatura; anche gli scalini e la predella furono rilavorati.

Uno dei fori prodotti dal fulmine rese purtroppo di niun uso ed inutile anche l’antico quadro in tela raffigurante San Giovanni posto sull’altare maggiore, che si decise di sostituire con una nuova opera.

Secondo quanto prevedeva il capitolato d’appalto, l’artista a cui commissionare l’opera fu segnalato dal Genio Civile e fu approvato dall’appaltatore che avrebbe dovuto pagargli il lavoro. Il nuovo quadro, per cui si era preventivato una spesa di 340 lire, fu quindi commissionato al pittore e decoratore salernitano Gaetano D’Agostino2. Così infatti Ferdinando Primicerio, ingegnere capo del Genio Civile, il 17 luglio 1872 si congratulava col pittore istorico salernitano per avere accettato l’incarico:

Con piacere immenso questo Ufficio ha appreso che la Signoria Vostra Illustrissima abbia accettato la commissione del Quadro ad Olio su tela di m. 2,10 per m. 1,60 rappresentante il Battesimo di Gesù Cristo, da allocarsi all’Altare Maggiore della Chiesa Parrocchiale di S. Giovanni in Buccino di Regio Patronato, e si è certo di avere una di quelle opere che la Signoria Vostra è solita eseguire, senza por mente alla tenuità del prezzo, ma solo facendosi guidare dallo amore dell’arte, da cui è tanto invaso. Non appena sarà rilasciato allo Appaltatore Signor Quaranta Pasquale lo importo del 1° Certificato trasmesso in data 8 stante per lavori di restauri già eseguiti nella Chiesa stessa, la Signoria Vostra si avrà un acconto di £ Centocinquanta, ed il dippiù in £ dugento riceverà dallo stesso Appaltatore ad opera finita, ed in seguito della Misura Finale di tutti i lavori espletati in detta Chiesa, e del debito Certificato di collaudazione. Potrà ora dar mano al lavoro stesso con quella energia che tanto la distingue, tantoppiù che esso quadro dovrà essere consegnato nel giorno quindici del venturo settembre, se non si vogliono seriamente compromessi gl’interessi di esso Appaltatore che pur deve tenere a cuore. Son certo della sua cooperazione al riguardo, ed a suo tempo mi attendo un di lei cortese invito per ammirare l’opera medesima.

L’appaltatore Quaranta il 30 ottobre 1872 pagò al pittore salernitano 350 lire per il quadro e 32 lire per il valore della cornice dorata.

Il “Battesimo di Gesù”, firmato e datato dal D’Agostino, è rimasto nella chiesa di San Giovanni gerosolimitano fino alla sua chiusura a seguito dei danni arrecati dal terremoto del 19803. Per motivi di sicurezza è oggi conservata nella Chiesa Madre.

D'Agostino-Battesimo Gesù
Gaetano D’Agostino – “Il battesimo di Gesù” (1872) (Foto di Angelo Murano)
Il quadro nella sua antica collocazione sull'altare maggiore (Foto di Olga Annunziata)
Il quadro nella sua antica collocazione sull’altare maggiore
(Foto di Olga Annunziata)

I lavori dettati non dai danni recati dall’incidente ma dalla necessità di decoro della chiesa riguardarono invece il pavimento. L’antico lastrico fu infatti demolito al pari dell’antico e degradato battuto di brecciame esistente e sostituito da un pavimento in mattoni realizzato con ammattonato delle fabbriche di Ricigliano con una nuova base di sostegno; fu poi rifatto l’intonaco in tutta la fascia in cui il nuovo pavimento si raccordava alle mura della chiesa. In questa occasione le ossa ancora esistenti nelle sepolture poste sotto la chiesa furono estratte e depositate alle intemperie in una stanzetta scoperta posta affianco alla sagrestia.

Per motivi di opportunità e di economicità, fu deciso di affidare i lavori di restauro a trattativa privata. Inizialmente l’appaltatore fu individuato nel buccinese Onofrio Chiariello, segnalato dal sindaco che si fece garante presso il Genio Civile delle sue capacità. A causa di una malattia che colpì il Chiariello, i lavori furono poi affidati al piperniere Pasquale Quaranta, anche lui buccinese.

I lavori furono approvati dal Ministero competente nel marzo 1872 e l’ingegnere Giovanni di Torrebruna, aiutante per la costruzione del 3° tratto della Strada Nazionale n. 36 ter e delegato del Genio Civile, li consegnò ufficialmente il 21 maggio 1872.

In realtà i lavori a quell’epoca era già iniziati da tempo perché l’appaltatore non voleva rischiare di consegnare in ritardo i lavori. Il capitolato d’appalto, infatti, prevedeva che i lavori dovessero essere conclusi improrogabilmente entro 40 giorni dalla consegna e che l’appaltatore dovesse pagare dieci lire per ogni giorno di ritardo nella loro conclusione. Al momento della consegna dei lavori, risultava infatti già finito il campanile, la cui cupola era stata rivestita esternamente non di smalto, come previsto nel progetto, bensì con le tegole perché lo smalto, essendo qui frequenti le gelate, si screpolerebbe subito. Il progetto prevedeva la sua ricostruzione a partire dal primo piano ma Quaranta decise autonomamente di ricostruirne anche il piano terra poiché secondo lui era in cattivissimo stato e con diverse lesioni; il Genio Civile però ritenne questo lavoro superfluo e lo addebitò al costruttore. Allo stesso modo il Genio Civile, evidenziando che il seguire i propri capricci senza autorizzazione superiore spesso mena a dette conseguenze dolorose, manifestò il proprio disappunto per la decisione di Quaranta di dividere il pavimento della chiesa in quattro parti con due liste di basoli (…) in croce, poiché siccome era grande abbastanza non poteva il battuto venire ben eseguito e poiché il lavoro era già stato completato dispose che i basoli tutti siano tutti d’opera lavorati nella superficie a martellina fina, squadrati ed avistati (…) in modo da formare un sol piano con le quattro porzioni di battuto in malta.

Alla fine i lavori ebbero un costo di 2115,25 lire, con un risparmio di 234,75 lire rispetto a quanto preventivato. L’appaltatore Quaranta ebbe l’acconto di 1200 lire nel luglio 1872 e le restanti 915,25 residue dopo la redazione dello stato finale dei lavori ed il loro collaudo, avvenuto il 18 ottobre 1872.

Nei decenni successivi la chiesa fu oggetto di ulteriori restauri. Per interesse del parroco don Antonio Grieco furono rifatti la tettoia ed il soffitto ‒ su cui il pittore buccinese Michele Volpe dipinse su tela la figura di san Giovanni Battista ‒ e furono riedificate la sagrestia e la canonica. A spese del parroco furono costruiti in marmo sia l’altare maggiore, sostitutivo di quello esistente in fabbrica, sia quello dedicato a S. Antonio di Padova4.

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campanile San Giovanni
Il campanile di S. Giovanni Gerosolimitano (Foto di Antonella Branda)

Il campanile ha subito in seguito gravi danni a seguito del bombardamento alleato che nel 1943 colpì la zona vicino alla chiesa, e poi ancora del terremoto del 1980 che ne ha provocato il grave dissesto. Attualmente esso necessita di un urgente intervento di messa in sicurezza, dal momento che la sua tenuta è garantita soltanto da un intervento di emergenza realizzato nei giorni immediatamente successivi al sisma.

Ringrazio Angelo Murano, Antonella Branda e Olga Annunziata per avermi concesso l’uso delle foto.

EMANUELE CATONE

Note

  1. La documentazione relativa, da cui si traggono le notizie e le citazioni riportate nell’articolo, è in Archivio di Stato di Salerno, Genio Civile, b. 208/116.
  2. M. Bignardi (a cura di), Gaetano D’Agostino. Dipinti e disegni, Salerno 2002.
  3. Cfr. O. Annunziata, Profilo storico-urbanistico di Buccino, tesi di laurea in Architettura, Università di Napoli, Anno Accademico 2001-2002, fig. 201, da cui è tratta le foto del quadro.
  4. E. Grieco, Buccino – Antica Volcei. Storia, arte, tradizioni, costumi, Salerno 1959, p. 65. E. Catone, Il cabreo della commenda gerosolimitana di S. Giovanni di Buccino, tesi di laurea in Archivistica, Università di Napoli, anno accademico 2009-2010, pp. 86-87.