Testo di Estela Alicia Mancini
Adattamento e revisione di Emanuele Catone

Grazie all’invito dell’amico Emanuele Catone, con grande piacere anticipo ai lettori di “Buccino nella Storia” una parte delle mie ricerche, grazie al quale mi è ora possibile raccontare la vita dei miei bisnonni e dei loro figli. Comincerò dalla vita del mio bisnonno Antonio Pucciariello che ho diviso in due parti a causa della lunghezza del racconto.

I miei quattro bisnonni erano Antonio Pucciariello e la moglie Angela Di Benedetto – entrambi buccinesi, genitori di Carmela, la mia nonna materna – e Pasquale Morriello e la moglie Maria Pucciariello, anch’essi buccinesi, genitori di Alfredo, il mio nonno materno. I miei quattro bisnonni lasciarono Buccino nel 1884, quasi contemporaneamente, e si trasferirono in Argentina.

La loro vita in Argentina non fu facile, come per tutti gli emigranti di quel periodo. Dopo un viaggio pericoloso, si arrivava in un paese in cui si parlava un’altra lingua e vi erano diversi modi di vivere, quindi attraverso tantissimo lavoro si cercava di fare progressi e si creavano nuove famiglie oltreoceano. Nonostante l’assoluta gratitudine per il paese in cui si aveva l’opportunità di condurre una vita migliore, rimaneva la difficoltà di ricominciare da capo la propria vita: lo sradicamento rimaneva sempre una ferita aperta e si trasmetteva di generazione in generazione. In Argentina, dove arrivarono persone da tutta Europa, l’immigrazione italiana fu quella numericamente più ampia: circa il 60% della popolazione argentina ha origine italiana e quasi il 90% ha almeno un familiare nato in Italia. Per questo motivo la maggioranza degli argentini capisce un po’ la lingua italiana, per aver ascoltato tante volte parole, frasi e canzoni, ma sono pochi coloro che hanno invitato i figli o i nipoti ad apprendere la lingua della loro terra d’origine.

Io faccio parte della terza generazione nata in Argentina da famiglie italiane o meglio – come dice una scrittrice – sono una discendente d’italiani nata all’estero. Dei miei otto bisnonni, infatti, 6 sono italiani (4 di Buccino, 2 sempre campani e 2 spagnoli, originari di un paesino nella Galizia). Ho appreso la storia della famiglia prima da mia nonna e poi da mia madre. Per evitare che ne vada persa la memoria e che le nuove generazioni della mia famiglia dimentichino le loro origini, ho deciso di scrivere un libro, che è ormai quasi completo, in cui sto cercando necessariamente di integrare i racconti di vita dei miei familiari nel contesto storico e sociale in cui essi sono vissuti, sia a Buccino che in Argentina. Tutti loro sono stati, infatti, non solo testimoni ma anche attori della storia.

Pietro Pucciariello e Maria Carmela Landolfi. Il padre di Antonio, il mio bisnonno, si chiamava Pietro Pucciariello ed era nato a Buccino il 2 dicembre 1838 alle ore 16 e la sua nascita fu registrata dal padre il giorno successivo all’ufficiale di Stato Civile del Comune1Infatti all’epoca, in un piccolo paese come Buccino in cui non esistevano ospedali che fossero abbastanza vicini, i bambini nascevano nelle case, ma i genitori avevano l’obbligo di dichiararne la nascita insieme ad alcuni testimoni. Una nuova registrazione, stavolta in chiesa, si faceva al momento del battesimo: Pietro fu battezzato a Buccino il 3 dicembre 1838 nella chiesa di S. Giovanni Gerosolimitano2.

Atto di nascita di Pietro Pucciariello (1838)

Il padre di Pietro si chiamava Antonio, era nato a Buccino il 6 marzo 18033 (alla nascita del figlio aveva quindi 35 anni) e la sua professione era quella di bracciante (la famiglia Pucciariello possedeva, infatti, alcuni terreni con alberi di ulivo). La madre di Pietro si chiamava Maria Luisa Villano ed era nata a Buccino il 9 aprile 18064 (quindi, al momento della nascita di suo figlio aveva 32 anni). Antonio e Maria si erano sposati nella chiesa di S. Giovanni il 3 maggio 18285.

Il piccolo Pietro visse nel quartiere di San Giovanni, nelle vicinanze di Porta San Mauro, una delle antiche porte di accesso del paese. Buccino, infatti, nonostante sia un paese di media dimensione e con circa 5000 abitanti, si compone di sei quartieri che si sviluppano lungo le pendici di un colle. Essendo un paese dall’origine molto antica, conserva ancora tre delle antiche porte che permettevano l’ingresso al paese. Durante il medioevo, infatti, nelle città si costruivano alte mura e porte d’ingresso/uscita per proteggersi da possibili invasori, come nel caso di Buccino, dove ancora oggi si possono vedere anche le rovine di un castello normanno.

Atto di nascita di Maria Carmela Landolfi (1849)

La futura moglie di Pietro si chiamava Maria Carmela Landolfi e nacque a Buccino martedì 17 luglio 18496. Era figlia di Michele Landolfi, un fabbro (ferraro) che al momento della nascita della figlia aveva 50 anni, e di Maria Carolina Rosa Speranza che aveva 45 anni. Maria Carmela era la più piccola di nove fratelli, alcuni dei quali (Giuseppe e Vincenzo) avrebbero poi fatto lo stesso mestiere del padre.

Gli anni trascorsero e ad un certo punto i genitori dei miei bisnonni incrociarono il loro cammino e si sposarono. Il matrimonio tra i due avvenne giovedì 8 febbraio 1866 quando Pietro aveva 28 anni e Maria Carmela 16 anni e mezzo7. Dal loro matrimonio sarebbero nati tre figli: Giuseppe, che morì a pochi mesi8Antonio (nato il 2 novembre 18699, il padre di mia nonna Carmela, che, come era tradizione, ebbe il nome del nonno paterno) e Maria (nata il 22 aprile 187210, la madre di mio nonno Alfredo). I miei nonni materni, genitori di mia madre Elida, erano quindi cugini in primo grado.

Antonio Pucciariello. Antonio, così come i suoi fratelli, nacque nella sua casa in via Piano, una delle strade principali del quartiere di Santa Croce, che si trova ai piedi del colle di Buccino e prende il nome dalla vicina chiesa.

In relazione a via Piano, dove abitò mio bisnonno, mi fa piacere raccontare una cosa che mi è successa quando nel 2016 ho potuto visitare e conoscere Buccino. Tutto quello che mi è accaduto stando lì, è stato profondamente commovente. Appena ho messo lì i miei piedi, ho avuto la sensazione che mi stessero aspettando da molto tempo. Un uomo, che porta lo stesso nome del mio bisnonno, Antonio Pucciariello (probabilmente un parente della mia famiglia, più o meno lontano) mi ha ricevuto senza averlo concordato precedentemente e ha deciso di accompagnarmi a fare una passeggiata per mostrarmi Buccino. Mi presentava con gioia alle persone del paese che incontravamo.

Poi, mi ha portato fino alla “strada Piano”, la via dove si trovava la casa del mio bisnonno, e mi ha indicato dove era il luogo esatto. La casa, che era rimasta in piedi malgrado il tempo trascorso e le guerre, non c’era più perché non era riuscita a resistere alla forza della natura nel terribile terremoto che colpì Buccino il 23 novembre 1980 alle ore 19.34. Questo sisma distrusse il paese dei nostri antenati, che è stato ricostruito in maniera moderna, e non è stato possibile recuperare tutto quello che era stato perso.

Buccino – Via Piano (1965 circa)
[Foto Archivio Buccino nella Storia]

Quindi per un attimo restai lì, cercando di immaginare come poteva essere la casa del mio bisnonno, con le sue mura grosse e di pietra, con qualche piccola finestra e una vecchia porta di legno. Purtroppo ero arrivata con 26 anni di ritardo… L’immagine della casa a cui stavo pensando svanì subito non appena mi sono girata e, cambiando il punto di vista, ho visto di fronte a me una cosa che mi ha lasciato perplessa: il bellissimo panorama che Antonio vedeva ogni volta che apriva la porta di casa sua durante tutti gli anni che ha abitato lì. E che cos’era? Un affaccio sulle montagne e su un cielo infinito. Quell’incredibile paesaggio che io stavo guardando era lo stesso che il mio bisnonno aveva guardato tante volte.

Di fronte a questo paesaggio mi è venuto in mente un ricordo di mia madre a proposito di una sua conversazione con Antonio. Una sera, infatti, mia madre, già sposata, lo andò a trovare a casa sua, con me, che ero una bambina di pochi mesi, e mia sorella, che aveva allora due anni. Mentre mia sorella se ne andò a giocare, mia madre, mentre io dormivo tra le sue braccia, si mise a parlare con lui, che era seduto accanto alla sua finestra. Quel giorno per una qualche ragione Antonio decise di trasmetterle alcuni consigli di vita e di condividere con lei i ricordi della sua terra. Il mio bisnonno Antonio sarebbe morto quello stesso anno, all’età di 95 anni, quando io avevo cinque mesi, e forse sentì che gli restava poco tempo da vivere e scelse mia madre tra i tanti figli e nipoti della sua famiglia. Mentre la sua mano accarezzava il mio viso, Antonio le parlò di quelle regole che sono essenziali nella vita. Dopo, non potendo evitare la nostalgia, parlò della sua terra: cominciò dicendo di un mare azzurro e di alte montagne, però i suoi occhi si riempirono di lacrime, e non riuscì più a parlare, ma mia madre capiva tutto. Lui aveva un enorme gratitudine per l’Argentina, ma per lui era molto doloroso ricordare e durante la maggior parte della sua vita ha preferito non richiamare quei ricordi, lasciandoli lì, nella lontananza. Però quando invecchiamo si ripensa molto alla propria vita, si ritorna più spesso al passato, nasce la necessità di insegnare tutto quello che si è imparato e ritorna la malinconia dei propri cari. Quel momento con Antonio, lasciò un’impronta molto profonda in mia madre, che non lo ha mai dimenticato. A volte ho potuto sentire che il tempo sembra fermarsi quando due persone si uniscono in un modo tanto speciale e credo che così fu vissuto quel momento da mia madre. E a un tratto io stavo lì, guardando le sue montagne con questo pensiero.

Estela Mancini in giro per Buccino con Antonio Pucciariello

Andare a Buccino era un sogno per me, e allo stesso tempo sentivo molta ansia perché non sapevo come sarei stata accolta: io vi ritornavo 132 anni dopo che i miei bisnonni se ne erano andati. Ho sentito che loro erano lì accanto a me e, con molta emozione, ho detto ad alta voce: «eccomi qui, sono arrivata!». La gente di Buccino mi ha dato un benvenuto molto affettuoso e gentile.

Devo dire che dopo aver ascoltato le storie del paese dove nacquero gli emigranti, il problema spesso è creare un’immagine che si accordi alla descrizione. Questo è spesso impossibile, perché non c’è paragone con lo stare lì e camminare per quei luoghi. È come se le radici della terra dalle loro profondità si spingessero fino a penetrare attraverso la pianta dei nostri piedi riconoscendoci come gli eredi di quelli che se ne andarono, riconoscendoci come propri di quella terra.

Ritornando alla vita di Antonio, ho molte domande a cui non riuscirò a dare risposta: come fu la sua infanzia? quanti e quali erano i suoi amici? quanti zii e cugini conobbe?

Antonio, come sua sorella Maria, fece le scuole a Buccino. Il motivo per cui decisero di emigrare in Argentina non lo so, nonostante possa ipotizzarne qualcuno.

L’epoca in cui Antonio abitò a Buccino fu un periodo complesso, successivo all’unificazione dell’Italia. L’unificazione, infatti, comportò una difficile e lunga organizzazione dei vari stati, e ci vollero molti anni per completare questo processo. Una mancata riforma agricola e un’alta tassazione condannava alla povertà molti italiani soprattutto nel sud d’Italia, che fino ad allora era stato governato da un regime monarchico. A quell’epoca, inoltre, non era ancora arrivata la rivoluzione industriale ed una epidemia di colera devastò il paese. Penso che questi possano essere stati alcuni dei motivi per cui le persone decisero di emigrare.

Nel caso della famiglia di Antonio, però, ci fu un motivo di più. Infatti Pietro Pucciariello morì a poco più di quarant’anni il 1 ottobre 188011, lasciando la moglie, che aveva allora 35 anni, e i due figli Antonio e Maria, rispettivamente di 15 e 12 anni. 

Maria Carmela era la minore di otto fratelli che avevano con lei una grande differenza d’età. La morte del marito, che si aggiunse a quella dei suoi genitori12, resero incerto il futuro dei suoi figli e, probabilmente per il fatto che almeno due dei suoi fratelli si erano già trasferiti in Argentina, decise anche lei di partire.

Il viaggio da Buccino a Napoli non dovette essere facile. Non so come percorsero i circa 120 chilometri, forse a cavallo o con un carretto, e se ci impiegarono più giorni. Maria Carmela e i figli si imbarcarono giovedì 17 luglio 1884 – presumibilmente al porto di Napoli – sulla nave chiamata “Il Pampa”, una nave a vapore francese della azienda Charguis Renuis partita dal porto di Genova.

La nave “Il Pampa”

Il viaggio durava circa un mese, a seconda degli scali che faceva la nave e delle condizioni del mare. Arrivarono in Argentina il 17 agosto 1884, una domenica d’inverno. È stato difficile individuarli nella lista dei passeggeri della nave perché furono registrati con il cognome della mamma, Landolfi, e non con quello di Pucciariello, con cui li cercavo. È probabile che ad accoglierli al loro arrivo in Argentina sia stato Vincenzo (Vicente) Landolfi, il fratello di Maria Carmela, di quattro anni più grande di lei, che era arrivato in Argentina nel 1870/1871 e che in quel momento era sposato e aveva già cinque dei suoi otto figli. Lui viveva a Buenos Aires nel quartiere di Belgrano dove, secondo quanto riporta il censimento del 189513, esercitava il mestiere di fabbro, grazie al quale era riuscito a garantirsi una buona condizione.

Secondo quanto mi ha raccontato mia nonna, Antonio era riuscito ad aprire una sua attività in proprio già dopo quattro anni che si trovava in Argentina. Dal passaporto di Antonio sappiamo che il suo mestiere era quello di “stagnino”, pertanto è possibile che questo mestiere lo abbia appreso già a Buccino, ed è quasi sicuro che all’inizio lavorò con lo zio Vicente, che dovette aiutarlo a inserirsi, come era d’abitudine fare da parte di amici e familiare per un emigrante appena arrivato.

Antonio Pucciariello con la madre e la sorella Maria (1886)

Secondo i racconti di mia nonna, ad aiutare Antonio in qualche modo nello sviluppo della sua attività artigianale dovette essere anche un’altra famiglia italiana, i Bellagamba, che ammiravano molto il mio bisnonno Antonio perché lo consideravano un gran lavoratore che in pochi anni era riuscito a fare grandi progressi. Mia nonna Carmela, infatti, aveva grande affetto per quella famiglia, che viveva nello stesso quartiere di Vicente. Anche mia madre ha avuto la possibilità di conoscere la famiglia Bellagamba quando accompagnava mia nonna. Dai racconti di mia nonna ho saputo che suo padre Antonio aveva portato con sé in Argentina una somma di denaro, che usò anche per lo sviluppo del suo lavoro.

Recentemente ho scoperto che il mio bisnonno Antonio riuscì a tornare a Buccino e, secondo una cugina, lo fece anche in più di un’occasione. Io sono riuscita, però, a documentare la data di un solo viaggio, grazie ai dati registrati sul passaporto di Antonio. Il passaporto era stato emesso in nome di sua maestà Vittorio Emanuele III, che fu l’ultimo Re d’Italia fino alla proclamazione della Repubblica (1946), e riporta i dati anagrafici di Antonio e le sue caratteristiche personali, che erano: Statura 1.73 cm; età 39 anni; fronte alta; occhi castagni; naso di misura corretta; capelli castagni; barba rasa; baffi castagni; bocca sottile; colorito naturale; corporatura robusta.

Il passaporto di Antonio Pucciariello

Il passaporto aveva un timbro e firma con la data di sabato 25 settembre 1909 e diceva che era valido per tre anni. Questo mi ha permesso di confermare che Antonio sia tornato in Italia per rinnovare il documento. Quando lui partì dall’Italia era un giovane di quasi 15 anni, non aveva fatto il servizio militare. È possibile che sia rientrato più volte in Italia per fare i rinnovi del passaporto ed in quel caso mia cugina aveva ragione. Tra l’altro era d’abitudine, più di quanto io pensassi, i viaggi di ritorno egli emigranti che partivano e attraversavano il mare per qualche mese di lavoro e dopo ritornavano al loro paese. Rispetto ai viaggi del mio bisnonno Antonio, mia madre raccontava una semplice e tenera storia, cioè che Antonio aveva un bravo cane, e che quando lui se ne andava, gli ordinava di restare davanti alla porta dove dormiva la mia bisnonna Angela e il cane, che era molto obbediente, non si muoveva della porta di lei fino al suo ritorno.

L’unico dato certo per Antonio, grazie al passaporto, è che almeno una volta riuscì a ritornare a Buccino. Riuscì, perciò, a rivedere la sua famiglia, per esempio suo zio Giuseppe Landolfi, il fratello di sua madre che era stato un garibaldino.

Nel 1909, quando Antonio venne in Italia era già padre di otto dei dodici figli che avrebbe avuto. Questa situazione mi ha fatto pensare che sempre le storie di emigrazione sono dolorose perché di solito le famiglie rimanevano separate per tutta la vita. Infatti so per certo che una parte della mia famiglia rimase a Buccino, ma di quella non sappiamo niente e non sappiamo quali sono stati i loro destini, così come loro non sanno della nostra vita. Purtroppo sono passati tanti anni e nessuno ha salvato nemmeno una lettera. Quando dico che sono discendente d’italiani, la gente mi domanda se ho famiglia in Italia, ed io posso dire soltanto: «Si, ce l’ho sicuramente, ma non la conosco!». E questo è molto triste.

A separare la famiglia, oltre all’emigrazione fu anche la guerra, dal momento che il mio bisnonno Antonio non poté più tornare in Italia per lo scoppio della prima guerra mondiale.

Ritornando alla vita di Antonio in Argentina, so che lui sviluppò la sua attività di artigiano del ferro a Buenos Aires nel quartiere di Flores (Fiori) tra il 1888 ed il 1889. Posso affermarlo incrociando alcuni dati. Da una parte abbiamo che nel 1889, in occasione della registrazione della nascita di Ernesto Martino Morriello (Martino era il nome del nonno paterno del bambino), il primo figlio di Maria, la sorella di Antonio, e del marito Pasquale Morriello, il loro indirizzo era nel quartiere di Flores nei pressi della chiesa più importante, San José de Flores (San Giuseppe di Fiori).

La piazza del quartiere Flores

Sappiamo poi che Maria Carmela, la mamma di Antonio, e il genero Pasquale Morriello nel 1890 furono i padrini di battesimo di Ricciotti Landolfi, figlio di Menotti, cugino di Maria Carmela. Infine ho potuto localizzare dove viveva Antonio anche grazie ad una foto, scattata da Adolfo Berdoy, un fotografo francese che, trasferitosi con la moglie ed il figlio a Buenos Aires, aveva il suo studio fotografico nello stesso quartiere di Flores. La foto del mio bisnonno è molto interessante e, guardando il suo viso, penso sia stata scattata tra il 1890 ed il 1891, un po’ prima del suo matrimonio. Era veramente molto bello il mio bisnonno.

Antonio Pucciariello (foto Berdoy)

Un articolo del 1890, pubblicato sul giornale in lingua inglese “The Standart” – uno dei tanti che si pubblicavano in Argentina in quel periodo in varie lingue – parlava della bravura del fotografo Berdoy, consigliandolo all’ampia comunità inglese che si era stabilita nel quartiere, che era molto simile alla campagna inglese. Adolfo Berdoy era dunque un fotografo noto. Teniamo presente poi che farsi scattare una foto non era usuale per chiunque dal momento che era molto costoso e che quindi la gente che si faceva fotografare doveva avere una buona posizione economica. Ci si faceva fotografare per esempio per inviare una foto ai parenti all’estero o alla futura fidanzata quando non ci si conosceva, e c’era l’abitudine anche di fotografare i morti per ricordarne il passaggio nell’aldilà.

Il quartiere di Flores era all’inizio un vasto quartiere rurale. Nel 1873 una epidemia di “febbre gialla” portò alla morte di un centinaio di persone e per questo motivo molte persone abbandonarono il centro della città e si spostarono a nord della stessa. Ad ovest della città stava la zona di Flores, un zona bella e tranquilla, dove le famiglie benestanti iniziarono a costruire le loro case estive. Furono costruite lussuose case sia di fronte alla stazione dei treni che vi si trovava, sia lungo la Calle Rivadavia, la strada principale del quartiere, in cui andarono a vivere molti immigrati da diversi paesi (italiani soprattutto, ma anche spagnoli, inglesi, francesi, tedeschi, ecc.), nonostante si trovasse a 12 chilometri dal centro della città, poiché vi arrivava sia il treno che i primi tram. Il mio bisnonno Antonio aveva la sua attività proprio su Calle Rivadavia, a cento metri dalla chiesa: una posizione perfetta.

La Calle Rivadavia

Qui termino la prima parte della vita di Antonio. Presto continuerò a raccontarvi su “Buccino nella Storia” la storia dei miei antenati. Alla prossima puntata…

 

 

Note

  1. Comune di Buccino, Atti di Nascita, anno 1838, n. 163.
  2. Comune di Buccino, Atti di Nascita, anno 1838, n. 163.
  3. Parrocchia di S. Croce, Atti di Battesimo, f. 4r.
  4. Parrocchia di S. Giovanni Gerosolimitano, Atti di Battesimo.
  5. Comune di Buccino, Atti di Matrimonio, anno 1828, f. 35.
  6. Comune di Buccino, Atti di Nascita, n. 135.
  7. Comune di Buccino, Atti di Matrimonio, anno 1866, n. 3. Lo stesso giorno Rosa, la sorella di Pietro, sposò Carmine Salvatore, fratello di Maria Carmela (ivi, n. 4). Un’annotazione posta a margine dell’atto di nascita di Pietro stranamente documenta il matrimonio con rinvio ad un verbale del sindaco in data 26 febbraio 1866. Forse bisogna ipotizzare un errore nella datazione dell’atto del registro, forse per una confusione con il secondo matrimonio familiare.
  8. Giuseppe nacque il 1 gennaio 1868 e morì il 1 novembre dello stesso anno (Comune di Buccino, Atti di nascita, n. 5; Atti di morte, n. 234).
  9. Comune di Buccino, Atti di nascita, n. 223.
  10.  Comune di Buccino, Atti di nascita, n. 99.
  11. Comune di Buccino, Atti di Morte, anno 1880, n. 154.
  12. Il padre Michele Landolfi era già morto al momento della nascita della nipote Maria, mentre la madre Maria Carolina Speranza morì nella casa di via Piano il 5 dicembre 1883 (Comune di Buccino, Atti di Morte, n. 139).
  13.  Argentina, Censo Nacional, 1895, Buenos Aires, sección 23, subdivisión D01-C16, foglio 7, riga 2 <https://bit.ly/3a91eSz>.