Peppino Arduino ci ha lasciato, improvvisamente e prematuramente, il 20 aprile dopo una breve e inesorabile malattia.

L’affetto, la stima e la simpatia che nutriva per lui la comunità buccinese, nonostante le difficoltà legate a questa terribile pandemia, si sono manifestate in un’ampia e sincera manifestazione di cordoglio “virtuale” per la sua scomparsa. Scrivo queste poche note per evitare che tutto ciò si perda nel mare magnum delle notizie che inondano la nostra realtà e che finisca rapidamente nel dimenticatoio.
Una sua cara amica, la professoressa Maria Rosaria Pagnani ha scritto giustamente della sua scomparsa: «La cultura del nostro Meridione ha perso un suo protagonista, Buccino ha perso la sua memoria storica, tanti di noi hanno perso un amico». Sintetizzando il pensiero di molti di noi, la professoressa Pagnani ha infatti ben espresso la tristezza di chi apprezzava il suo lavoro e la sua sincera passione per la cultura, che ha caratterizzato tutta la sua vita, ma anche di chi ha avuto il privilegio di condividere con lui altri momenti più conviviali e di godere della sua compagnia.


Già altrove io ho sottolineato come con Peppino scompaia il principale protagonista della vita culturale di Buccino dagli anni ‘70 ad oggi. Mi sembra giusto tracciarne qui, su un portale dedicato alla storia buccinese, un suo rapido profilo e qualche riflessione personale di ricordo.
Ancora giovane studente, si era infatti appassionato all’archeologia e alla storia di Buccino. Più volte raccontava dei piacevoli momenti trascorsi insieme agli archeologi delle università americane, guidati da Robert Ross Holloway e poi da Stephan L. Dyson, nelle campagne di scavo condotte nel territorio buccinese tra la fine degli anni ‘60 e la metà del decennio successivo (che ha poi ricordato anche promuovendo negli anni scorsi la pubblicazione Scavi e Vino, un ricordo di Holloway del suo soggiorno buccinese), o della sua presenza negli scavi condotti nello stesso periodo al Campo Sportivo dalla Soprintendenza Archeologica di Salerno sotto la direzione di Venturino Panebianco, nel cui studio al Museo Archeologico Provinciale – mi raccontava – aveva poi trascorso molte ore negli anni successivi quando studiava i corredi rinvenuti negli scavi buccinesi. In quegli anni condusse una fondamentale indagine nel territorio di Buccino ed in quelli circostanti che facevano parte dell’antico ager Volceianus al fine di individuare e schedare le testimonianze epigrafiche e archeologiche ancora esistenti. Fu collaboratore preziosissimo dello studioso Vittorio Bracco che nel 1978 pubblicava il volume Volcei – il primo ad evidenziare l’importanza archeologica dell’antico territorio volceiano – in cui confluirono gran parte delle schede e delle notizie raccolte da Peppino: un lavoro sicuramente preziosissimo per la futura attività di studio pluriennale intrapresa dalla Soprintendenza Archeologica di Salerno a partire dall’immediato dopoterremoto, che ha condotto alla nascita del Parco Archeologico Urbano e del Museo Archeologico Nazionale di Volcei. Fu proprio Peppino, insieme al compianto Marcello Gigante e a Bracco, a farne un’ampia presentazione nella chiesa di S. Antonio e a curare il prezioso opuscoletto in cui furono pubblicate le relazioni di Bracco e di Gigante tenute in quell’occasione.
In quegli stessi anni – mi raccontava – si dedicò anche al prezioso riordino dell’archivio storico del Comune, purtroppo definitivamente interrotto dalle distruzioni del terremoto del 23 novembre 1980. Dopo il terremoto, che cambiò per sempre il volto della nostra cittadina, si dedicò con ancora maggiore impegno al salvataggio della memoria storica della nostra comunità che senza il suo impegno in quel momento sarebbe andata irrimediabilmente perduta. Impagabile fu il suo impegno nel salvataggio di foto, documenti e oggetti recuperati nelle case del centro storico disastrate dal sisma, che sarebbero andati sicuramente perduti. Altrettanto fondamentale fu, prima e dopo il terremoto, la sua attività di documentazione fotografica del patrimonio, imprescindibile per chiunque si occupi e si occuperà in futuro della storia di Buccino e che ha più volte consentito il salvataggio o il recupero di oggetti d’arte dopo i numerosi furti patiti dalle chiese e dal Comune nel dopoterremoto soprattutto a causa dell’incuria e del colpevole disinteresse delle autorità civili ed ecclesiastiche, di cui fu a lungo l’unico a comprendere e a denunciare pubblicamente la gravità. Ricordo, per esempio, il furto del paliotto dell’altare maggiore della chiesa di S. Antonio che, rubato nel 2000, fu ritrovato l’anno successivo dai Carabinieri grazie ad una sua foto.

Peppino, infatti, non ha mancato di evidenziare più volte nei suoi scritti e nei suoi articoli l’assoluta importanza di preservare il patrimonio storico-artistico di Buccino, restando quasi sempre inascoltato: se molto è stato fatto per quanto riguarda le evidenze archeologiche, per il patrimonio storico-artistico successivo le preoccupazioni e le esortazioni di Peppino restano ancora assolutamente valide.

Non mancò di seguire con interesse la prima fase degli scavi sistematici condotti dalla Soprintendenza a Buccino nell’immediato dopoterremoto sotto la guida del compianto soprintendente Werner Johannowsky; già nel 1985 si occupò di curare allo scopo la prima delle sue pubblicazioni dedicate ad aspetti dell’archeologia buccinese, il volume Volceiana pubblicato dal Comune, di cui fu autore insieme e allo stesso soprintendente e, ancora una volta, al prof. Gigante. Avrebbe poi dedicato al tema altri suoi lavori, tra cui ricordiamo soprattutto i volumetti Vici, praedia e fundi nell’antico territorio di Volcei. Balvano–San Gregorio Magno (1997), Una statuetta di Ercole rinvenuta a Buccino (2014), La Tabvla censvalis di Volcei. Contributo allo studio della proprietà fondiaria nel tardo Impero (2016). Nel suo Iter Volceianum (2015), infine, avrebbe condensato tutte le notizie sul territorio volceiano in una virtuale “passeggiata” nel centro storico. Al suo interesse per l’archeologia e l’epigrafia andò quindi affiancando quello per le vicende storico-artistiche di chiese e monasteri buccinesi e l’approfondimento di alcuni momenti fondamentali della storia della nostra comunità, penso innanzitutto alla complessa vicenda del brigantaggio, non trascurando anche di fare alcune “incursioni” nelle vicende storiche dei paesi circostanti del Salernitano e della Basilicata.

                              
Peppino è stato un personaggio unico. Non ci sarà un altro Peppino, con il suo eloquio forbito e la sua cultura straripante, con la sua conoscenza enciclopedica della storia e della cultura, non solo buccinese, con la sua «memoria d’acciaio» come amava dire sempre lui. La cultura è stata il punto di riferimento costante di tutta la sua vita e ad essa ha dedicato tutte le sue energie; studioso attento e preciso, purtroppo amava condurre i suoi studi in maniera solitaria e schiva e questo gli ha impedito di ottenere tutti i riconoscimenti, anche professionali, che la sua ampia cultura avrebbe meritato.

Peppino, infatti, non trasformò mai le sue passioni di studio in un lavoro e lo stimolo che lo ha guidato in tutta la sua vita è stato il piacere di diffondere la cultura e la conoscenza, senza chiedere mai nulla in cambio, tra coloro che avevano la voglia, il piacere e l’occasione di ascoltarlo nelle sue lunghe, approfondite ed erudite discussioni (gli amici di gioventù lo chiamarono perciò affettuosamente trapanatio mentis). Il giovane Mario Panzarella, ricordandolo in un post in occasione della sua scomparsa, giustamente ha scritto di lui come di un «maestro Libero» e di «un battitore libero della Cultura».
Quel che è certo è che Peppino, fino ai due ultimi articoli apparsi poche settimane prima della sua scomparsa, ha dedicato tutta la sua vita agli studi sulla storia locale, innanzitutto buccinese, occupandosene nei suoi diversi aspetti (archeologia, epigrafia, storia dell’arte, eventi e personaggi). Alcuni frutti del suo lavoro di ricerca abbiamo potuto apprezzarli, soprattutto grazie ai suoi preziosi articoli pubblicati negli anni sui giornali locali (sottolineo in particolare, negli anni più recenti, la sua collaborazione continuativa con il periodico “La Voce di Buccino”) e ai suoi volumi, purtroppo pochi, pubblicati più recentemente, che costituiscono un patrimonio prezioso ed un punto di partenza imprescindibile per chi si occupa (e si occuperà) della storia di Buccino.
Conoscendo Peppino, la sua infinità sete di conoscenza e la sua enorme curiosità intellettuale, sono certo che altri contributi, ugualmente preziosi, sono rimasti nei cassetti della sua scrivania della sua amata casa-studio di via Provinciale e che avrebbe potuto aggiungere ancora tantissimo alla conoscenza storica del nostro territorio.
La figura di Peppino resta e resterà a monito dell’importanza di studiare, conoscere e preservare i diversi aspetti della nostra cultura locale. Un impegno che ho abbracciato anch’io da qualche anno e gli devo molto anche per questo: senza i suoi studi, con i relativi stimoli, forse non mi sarei mai avvicinato allo studio della storia della nostra comunità.
Ricordo ancora con affetto e soddisfazione le parole di apprezzamento che volle esprimere pubblicamente per un mio studio iniziale sulla storia del convento di S. Antonio, che pubblicai anni fa sulla rivista degli Agostiniani italiani, quando nella “recensione” del mio saggio, pubblicata sulla “Voce di Buccino” nell’estate 2013, volle, bontà sua, sottolineare la mia bravura e serietà professionale, scrivendo: «l’Autore […] esula ovviamente da quella schiera di “studiosi”, i quali senza alcuna competenza e dottrina necessarie, prendono a trattare con disinvoltura di questioni storiche, arrogandosi poi la presunzione di dimostrare fatti e verità irrefutabili». Già allora gli preannunciai la pubblicazione di un mio volume più ampio sul complesso agostiniano, per il quale manifestò una certa soddisfazione e curiosità; mi spiace che non potrà leggere il libro, ormai quasi pronto per la stampa.
Impegno, per la valorizzazione della storia locale di Buccino, che continuerò a perseguire anche quale segno di gratitudine per Peppino e di onore alla sua memoria. Quale ulteriore segno di affetto e riconoscenza per Peppino, mi impegnerò poi anche a raccogliere e a ripubblicare in volume i preziosi articoli che ha pubblicato nel corso degli anni in varie sedi e che non devono andare dispersi: credo sia il modo migliore per ricordarlo ai buccinesi di oggi e di domani.
Caro Peppino, ti ho stimato professionalmente e ti ho voluto bene. Mi mancheranno le nostre “dotte” conversazioni. Dopo la tua scomparsa mi sento un po’ più solo. Grazie di tutto.

Emanuele Catone